Dal blog Diogneto (https://diognetoblog.wordpress.com/2022/01/14/sai-finger-bene-ma-so-che-hai-fame/)
Così nasce una nuova rubrica legata a “Sinodo e Nuvole”…. “Sinodo e Musica”… oggi saremo guidati dagli Afterhours con “Non è per sempre”
Dici che i tuoi fiori
si sono rovinati
non hai abilità
questa nazione è brutta
ti fa sentire asciutta
senza volontà
e gioca a fare Dio
manipolando il tuo DNA
così se vuoi cambiare
invece resti uguale
per l'eternità
ma non c'è niente
che sia per sempre
perciò se è da un po'
che stai così male
il tuo diploma in fallimento
è una laurea per reagire
puoi finger bene
ma so che hai fame
tutto è efficacia
e razionalità
niente può stupire
e non è certo il tempo
quello che ti invecchia
e ti fa morire
ma tu rifiuti di ascoltare
ogni segnale che ti può cambiare
perchè ti fa paura
quello che succederà
se poi ti senti uguale
Quando Manuel Agnelli, leader e frontman degli Afterhours, scriveva questa canzone la Chiesa mondiale si apprestava a vivere il Grande Giubileo del 2000 indetto da San Giovanni Paolo II°. Correva infatti l’anno 1999 e, nelle nostre diocesi, il fermento era elevatissimo come l’attesa di quell’anno che, per tutti, segnerà un passaggio epocale o, almeno, era quello che si sperava.
Oggi questa canzone, contenuta nell’album “Non è per sempre”, mi viene incontro in maniera del tutto nuova rivestendo i panni di una profezia che, in questo periodo, si avvera proprio mentre la Chiesa universale, e le chiese particolari, iniziano un cammino sinodale carico di speranze!
In origine Manuel, sicuramente, pensava ad una donna mentre scriveva queste parole, una donna piena di insicurezze, incapace di ascoltare i segnali che potevano cambiarla, una donna paurosa del cambiamento, ferma nella sua efficacia e nella sua razionalità tanto da diventare quasi insensibile allo stupore.
Mentre il disco gira e il ritornello mi inchioda alla sedia penso alla Chiesa di oggi e non posso che pensare a quanta somiglianza c’è con questo testo.
2022 (sono passati 23 anni da quel 1999 di inizio articolo)… i giovani del Giubileo, con il loro fermento, ormai sono un bel ricordo che riposa nel cuore di molti adulti stanchi che si trascinano nelle nostre Emmaus della modernità. Stanchi e sazi di buoni propositi stanno abbandonando Gerusalemme per tornare a casa perché, alla fine, non hanno trovato più nulla che gli potesse far ardere il cuore come la Parola ascoltata nella loro gioventù.
Eppure, in questi anni, qualche stimolo per provare a cambiare le cose c’è stato… ma la paura ha prevalso e si è costruito un muro quasi impenetrabile formato da analisi sociologiche, ricerche di mercato, esperimenti pastorali senza una reale volontà di cambiamento, sventolando ai quattro venti la volontà di ascoltare quando poi, alla fine, ci interessa ascoltare solo chi ci piace a noi.
Torniamo però alla canzone che trova il suo centro in una frase che è colma di speranza….”puoi finger bene ma so che hai fame”.
E’ vero! Questo popolo ha fame di cose nuove, ha voglia di sentire ardere dentro il petto quel fuoco che sentiva una volta, ha voglia di condividere la vita vera con i fratelli e le sorelle che vivono la comunità, ha voglia di essere protagonista del cambiamento, ha voglia di fidarsi e di lanciarsi anche in avventure poco “efficaci” e senza “razionalità”… ha voglia di seguire l’esempio di Abramo che, ascoltata la voce di Dio, si getta nel deserto pur avendo raggiunto una tranquilla vecchiaia, ha la voglia di Pietro di gettare le reti in pieno giorno perché si fida delle parole del Maestro, ha la voglia di Paolo di partire solcando il Mediterraneo, naufragando diverse volte, finendo prigioniero per portare la speranza del Cristo risorto a tutti i popoli della terra… il problema è che questa voglia è contenuta nelle nostre scatole chiuse nelle soffitte del nostro cuore dove è scritto “Ma si è sempre fatto così”.
Vorrei terminare questa mia riflessione cercando di legare un po’ tutto il pensiero e non riesco a non pensare a quelle parole, pronunciate da San Giovanni Paolo II° durante la veglia della GMG a Tor Vergata, che riescono a dare un senso compiuto a questa mia riflessione. Ero un fortunato partecipante a quella veglia ed ho ancora nell’orecchio quell’invito che, tutt’ora, mi brucia dentro: “Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!”. E’ una frase presa in prestito da Santa Caterina da Siena ma rimane un monito valido per tutte le epoche perché il fuoco cova sotto la cenere e, per farlo riaccendere, basta mettersi accanto a quelle persone che, da Gerusalemme, si stanno dirigendo verso Emmaus.
Non rinchiudiamoci Chiesa nelle nostre stanze, torniamo amici dei ragazzi di strada!
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