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E' tempo di unire i punti del disegno…il disegno del Vangelo.


Anche il Sinodo digitale compie gli anni…più di 2 anni di confronti, condivisioni, positive provocazioni, di scambi accesi di opinioni, di allontanamenti e riavvicinamenti di credenti in ricerca, anche “fuoco amico” non sempre trasparente, alcuni presbiteri comprensibilmente instabili e trolls tradizionalisti specchio di un laicato malato di clericalismo.

In questi 2 anni di Sinodo digitale è diventato ciò che le persone e le relazioni hanno fatto diventare, ossia un luogo di relazione che passa in poco tempo dalla dimensione digitale alla conoscenza personale periodica fino al confronto quotidiano innervato di preghiera e sostegno reciproco come già scrissi nell’account del Sinodo digitale in questo link: Cosa c’è dietro le quinte della Sinodalità digitale? https://sinodalitadigitale.wixsite.com/website/post/cosa-c-%C3%A8-dietro-le-quinte-della-sinodalit%C3%A0-digitale-buon-tempo-di-avvento


Scrivo questo post soprattutto per ringraziare le persone credenti che in maniera trasversale ai propri stati di vita hanno mostrato un desiderio di vivere la vita credente a partire dalle proprie esperienze personali, comunitarie ed ecclesiali ponendosi alcune domande importanti sulle immagini di Dio che vengono proposte nella Chiesa cattolica, sulle modalità di preghiera proposte, sul modo di vivere o non vivere i Sacramenti e tanto altro.


Il desiderio comune a tutte le persone conosciute ed incontrate è sostanzialmente quello di vivere una vita credente consapevole e responsabile, che non può più delegare a parte del clero la formazione della propria vita interiore e che come battezzati non si può più vivere come bambini all’eterna ricerca di un genitore clericale per sentirsi legittimati a vivere il Vangelo.


Anche le aspettative sul Sinodo dei Vescovi hanno mostrato quanto ancora buona parte del laicato identifichi l’agire della Chiesa con il solo agire della chiesa istituzionale e dei soli vescovi e che dunque per ciascun/a battezzato/a non vi sia altro che rimanere spettatori o di sperare di essere ascoltati o se ascoltati, di essere poi presi in considerazione e riconosciuti.


In sostanza parte dei cattolici che hanno acquisito la fede per tradizione negli anni ’80, oggi vedono gli stereotipi della propria fede messi in discussione e rispondono in modo diverso a questo fenomeno. Tanti non si riconoscono più nella modalità di vita credente anni ’80 in cui il cattolico si identificava con l’adempimento del precetto domenicale, il farsi bastare l'”andare a messa” per essere considerate brave persone e per i più zelanti ricoprire ruoli in parrocchia.


Questo modello ha avuto scarsa forza generativa di fede e ha restituito alla società di oggi l’immagine di una moltitudine di persone che può vivere tranquillamente senza porsi alcuna domanda su Dio secondo le immagini della cattolicità. Appare sempre più evidente l’inesistenza di una sorta di differenza cristiana nel fare il bene in quanto ciascuno/a può oggi vivere una vita buona e fare il bene anche a prescindere dalla proposta cattolica.


In questa moltitudine rientrano tutte quelle categorie di persone che si sentono emarginate dalla Chiesa istituzionale, ormai percepita come un fortino di poche personalità narcisistiche attorniate da tanti soggetti impauriti di perdere ruoli, lavoro e immagine escclesiastica.


La fede acquisita per tradizione negli anni ’80 temo non possa sempre dirsi sinonimo di incontro personale con il Signore e dunque tanti praticanti cattolici hanno vissuto la propria fede senza mai sperimentare un incontro personale con Gesù, a volte in assoluta buona fede, altre volte per contro reazione alla paura di uscire dalla propria comfort zone, altri e per lo più per vita credente inconsapevole a causa delle dipendenze alimentate dal consueto modello “pastore – gregge”.


Non mi stupisce che proprio il tempo del Sinodo abbia permesso di mettere faccia a faccia credenti di ogni stato di vita, donne e uomini, laici e laiche, persone consacrate, presbiteri con il desiderio di non rimanere in attesa di una risposta dei Vescovi, ma di iniziare a parlarsi per comprendere se le domande che ci si è posti nella solitudine delle proprie situazioni personali, comunitarie ed ecclesiali esistono anche al di fuori dei propri microcosmi.


Infatti, si sta superando l’idea che poche persone isolate possano trasformare magicamente i contesti e le strutture in cui vivono per il solo fatto di starci dentro soffrendo alla ricerca di un adattamento vivibile.


Il modello del Curato D’Ars o della santa che come un giglio fra i cardi grazie alla propria sofferenza causa la conversione di tutti coloro che stanno intorno è una pura illusione agiografica e non permette di assumersi la responsabilità della vita di relazione secondo il Vangelo.


L’immagine del leader o della leader che propaga se stesso o se stessa e che converte gli altri per nevrotica imitazione è un’ulteriore patologia delle nostre chiese.


In questi 2 anni di incontri e confronti intensi, ritrovo persone credenti che hanno il desiderio concreto di tessere relazioni basate sul Vangelo, in cui è fondamentale che esista una parola personale ricevuta da Gesù la quale a sua volta illumina il cammino di ciascuna e ciascuno a beneficio di tutti/e.


Insomma…è tempo di unire i puntini per disegnare insieme…di unire le persone che hanno il desiderio di vivere il Vangelo ponendo alla base l’intelligenza degli affetti e delle relazioni.

Il viaggio è cominciato…grazie a tutte e tutti!


Beata colei e beato colui che ha deciso nel suo cuore il santo viaggio. Sal 83, 6

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