top of page

Sinodalità e responsabilità del Popolo credente.

Aggiornamento: 9 dic 2022



Cari amici, il mese di agosto in “silenzio social” mi ha permesso di pregare gli esercizi spirituali e confrontarmi con amici e amiche impegnati nell’esperienza sinodale, sia a livello del Cammino sinodale italiano, sia del Sinodo universale della Chiesa cattolica.


Mi permetto di condividere alcune impressioni che sembrano essere emerse in modo ricorrente nei confronti post ascolto sinodale nelle Diocesi italiane in cui siamo residenti (Veneto, Puglia, Sicilia, Emilia Romagna, Lazio).


La fase degli ascolti sinodali c.d. diocesani sembra essersi svolta formalmente presso le Diocesi che conosciamo, ma il “Sinodo” sembra essere rimasto a tutt’oggi un evento privo di rilevanza ecclesiale, diremmo quasi “impalpabile” e senza visibilità o comunque privo di impatto sul tessuto civile delle nostre realtà territoriali.


Gli ascolti sinodali diocesani hanno evidenziato l’impegno sotto forma di volontariato encomiabile da parte di laici a servizio delle strutture diocesane (gruppi di famiglie, catechisti, insegnanti di religione), mentre in altri casi essi sono stati svolti in modo estemporaneo e formale senza un’effettiva possibilità di approfondimento da parte degli ascoltati.


In altri termini in alcune realtà diocesane si è avuta l’impressione che gli ascolti sinodali si siano svolti tra pochi “eletti” che hanno adempiuto formalmente al dovere di redigere una sintesi da inviare “a Roma”, ma senza alcuna effettiva nascita di un percorso giuridico, spirituale ed umano che possa dirsi sinodale.


Abbiamo notato, inoltre, che a fronte dell’impegno prevalentemente laicale nell’organizzare gli ascolti sinodali, non è coesistito un effettivo e simbolico ascolto da parte dei Vescovi con un reale contatto tra Vescovi, clero e Popolo di Dio, a parte le celebrazioni di apertura del Sinodo nelle diverse diocesi.


Pertanto, il c.d. ascolto sinodale sarebbe avvenuto tramite forme necessariamente decentrate e delegate di ascolto, ma senza una dimensione relazionale che potesse realmente mettere in contatto i fedeli con i rispettivi Vescovi, anche solo simbolicamente tramite incontri periodici in presenza fisica o digitale (on line).


Dunque, le persone che hanno partecipato agli ascolti sinodali sul “Sinodo digitale” hanno più volte manifestato la speranza che la semplice risposta ai questionari preimpostati dalle diocesi e/o l’invio delle sintesi fosse veramente un mezzo di contatto con il proprio Vescovo, vista l’assenza di una prossimità, anche simbolicamente fisica, con gli stessi.


Inoltre, gli ascolti sinodali sono stati svolti tramite questionari preimpostati su domande che già sembravano suggerire la risposta o quanto meno indicare una sensibilità per lo più diocesana e parrocchiale senza di fatto essere in grado di raggiungere o almeno creare i presupposti di un ascolto di persone non praticanti o in situazioni di marginalità ecclesiale.


Lo stesso può affermarsi per le sintesi sinodali rese pubbliche da alcune diocesi, le quali hanno mostrato l’onestà intellettuale ed ecclesiale delle equìpes sinodali che si sono impegnate nella sintesi degli ascolti, ma che al contempo mostravano di essere il frutto dell’attivazione della sola rete di interlocutori diocesani (catechisti, parrocchie, insegnanti di religione, caritas), senza di fatto tentare di coinvolgere reti civiche che potessero dialogare con realtà extraparrocchiali ed extra diocesane.


A conferma si richiama la traccia comune alla sintesi della Chiesa italiana del 15 agosto 2022 e al documento “Cantieri di Betania” del 5 lugllio 2022, in cui il percorso sinodale sembrerebbe avere il fine di “far ritornare le persone a Messa e in parrocchia”, più che proporre una modalità di vita credente che vede il Popolo di Dio partecipe e protagonista nell’annuncio del Vangelo e della vita di fede nella Chiesa.


Per questi motivi, appare inevitabile che l’identità degli “ascoltanti” abbia influito sui contenuti sostanziali e qualitativi delle sintesi sinodali, che seppure segno di un ascolto sinodale comunque avviato per pochi mesi, appare comunque parziale e da integrare.


Altra impressione ricorrente all’esperienza degli ascolti è quella per cui il clero ed in particolare i presbiteri non sembrano essersi effettivamente coinvolti negli ascolti sinodali con uno stile di “Chiesa in cerchio”, cioè come fratelli e sorelle in ascolto reciproco, bensì come meri esecutori di un obbligo formale per lo più oggetto di esecuzione da parte di una “manodopera sinodale laicale”.


Negli stessi termini, la sintesi italiana degli ascolti sinodali del 15 agosto 2022 mantiene uno stile di analisi che sembra collocare Vescovi e clero in posizione distaccata o quanto meno poco coinvolta nelle dinamiche delle comunità ascoltate e come tali presentate nelle proprie potenzialità e difficoltà senza un approfondimento, se non marginale, sul rapporto causa-effetto nei rapporti gerarchici tra Chiesa istituzionale e Popolo di Dio.


Un richiamo generale al clericalismo appare ormai insufficiente se non addirittura generalizzante, sia verso i Vescovi e i presbiteri, sia verso il c.d. laicato impegnato.


Questa distanza “empatica” tra Vescovi, clero e Popolo di Dio appare il primo e persistente ostacolo alla sinodalità, al di là degli esiti inviati alla Segreteria generale del Sinodo Universale.


In “Cantieri di Betania” della Conferenza Episcopale Italiana del 5 luglio 2022, inoltre, i temi emersi dagli ascolti sinodali (che si desume siano comuni al cammino sinodale delle Chiese italiane e al Sinodo Universale della Chiesa cattolica) sono solo marginalmente citati e calati all’interno di una rilettura suggestiva dell’icona biblica di Betania con Marta e Maria (Luca 10, 38-42), che sembra proporre un “clima sinodale” più che richiamare l’effettiva esistenza di un processo sinodale che si propone degli obiettivi, verificandone le fasi intermedie di realizzazione e l’effettivo raggiungimento in termini di adozione di decisioni rilevanti (anche giuridicamente) per la Chiesa.


A conferma di quanto sostenuto, si prende ad esempio il documento “Cantieri di Betania”, nel quale si ribadisce che: “Più che attendersi ricette efficaci o miracoli dal documento sinodale finale, che pure si auspica concreto e coraggioso, siamo certi che sarà questo stesso percorso di ascolto del Signore e dei fratelli a farci sperimentare la bellezza dell’incontro e del cammino, la bellezza della Chiesa (...)” (cfr. p. 4) e che “È diventato sempre più chiaro che lo scopo non è tanto quello di produrre un nuovo documento – pure utile e necessario alla fine del percorso – ma quello di avviare una nuova esperienza di Chiesa (cfr. p. 6).


Per questo motivo per proseguire l’esperienza sinodale credo sia necessario conoscere i contenuti della conferenza stampa della Segreteria generale del Sinodo universale del 26 agosto 2022, di cui indico il link: https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2022/08/26/0620/01245.html



Ai fini di questa riflessione mi preme evidenziare che la fase degli ascolti diocesani del Popolo di Dio è formalmente terminata, ma la consultazione dello stesso invece sarà ulteriormente arricchita dalla restituzione di un Documento per la c.d. Tappa Continentale alle Chiese locali/particolari e su cui coloro che sono stati ascoltati nella prima fase diocesana potranno confrontarsi e integrare ulteriormente l’ascolto sinodale vissuto.


Tale Documento sarà predisposto da un’equìpe di 25 esperti scelti dalla Segreteria generale del Sinodo universale entro la fine di ottobre 2022 o al più tardi ai primi di novembre 2022.


Credo che per proseguire questa esperienza sinodale sia necessario superare le inevitabili resistenze, perplessità, obiezioni formali e giuridiche, seppure legittime e fondate, che si possono maturare verso il modo di procedere a tappe del Sinodo universale, ma altrettanto posso attestare che le persone conosciute in queste settimane si stanno impegnando per il Sinodo universale con fede e onestà intellettuale, insegnandomi ad assumere anche l’incertezza del processo umano e spirituale del Sinodo, seppure imperfetto e limitato.


Tuttavia, a me non basta riconoscere i limiti del processo sinodale e stare a guardare da spettatrice. Mi chiedo piuttosto che cosa posso fare io nelle circostanze concrete in cui vivo perché l’esperienza reciproca di ascolto tra fratelli e sorelle come “Chiesa in cerchio” non dipende dal Sinodo in quanto tale, ma solo da noi credenti.


Dunque, credo che ci sia un nesso molto stretto tra sinodalità e responsabilità di ciascuno di noi laddove viviamo la vita credente.


Se gli ascolti sinodali della fase diocesana hanno permesso di far emergere anche le sofferenze e i disagi che il Popolo credente vive a causa del clericalismo, esso stesso non può divenire un àlibi perché ciascuno si paralizzi nello stato di mera contrapposizione alla dimensione clericalista di parte della chiesa gerarchica.


Mi sembra ci sia richiesto ben di più, cioè quello di assumerci la responsabilità della vita credente che viviamo e che non dipende da previ riconoscimenti ufficiali della Chiesa istituzionale, dei Vescovi o dei presbiteri e non potrebbe essere così dato che siamo presenti e agiamo nella Chiesa da battezzati/e, dunque già pienamente incorporati nel corpo ecclesiale in forza del Battesimo.


Tuttavia, noto che laddove è stata posta la domanda alle persone ascoltate durante il Sinodo diocesano e il Sinodo digitale se e come proseguire l’esperienza sinodale come Popolo credente, è apparsa evidente la fatica di pensarsi come fratelli e sorelle credenti in grado di essere Chiesa come luogo di pensiero critico a servizio del Vangelo, oltre che di avere le reali possibilità e/o capacità di coinvolgere in modo ecclesiale i battezzati e le battezzate al di fuori del modello parrocchiale.


Mi limito a notare che proprio noi credenti siamo calati quotidianamente in forme associative per motivi relazionali, lavorativi, professionali, culturali e sociali molto articolati e complessi, dunque la ricchezza delle nostre esperienze di aggregazione in tali ambiti della nostra quotidianità credo possa essere messo al servizio del Vangelo sia come esperienza, sia come capacità di credere nelle propria potenzialità di annuncio del Vangelo, investendo su ciò che si è e sulla propria storia di vita credente.


Per questo motivo a chi mi obietta che non saprebbe trovare altre possibilità e soluzioni rispetto a quelle già esistenti nelle Diocesi e nelle parrocchie, non posso che rispondere che è bene che coloro che vivono con frutto la propria vita credente nella spiritualità parrocchiale e diocesana è bene proseguano senza cambiare il sentiero che li ha aiutati nella fede.


Al contempo, però, mi sta a cuore anche quella parte di persone che non si riconoscono nella spiritualità diocesana e non hanno desiderio di vivere forme di chiesa parallela in contrapposizione ai Vescovi, bensì hanno desiderio di sperimentare e creare (con tutti i rischi di errore e fallimento) un’esperienza di Chiesa in cerchio, di cui anche i Vescovi e i presbiteri possono fare parte come semplici fratelli, ove il segno di unità del Vescovo è radicato e fondato nell’unità che nasce dalla comunione delle persone credenti.


Questa esperienza è tutta da costruire e sperimentare, in quanto notiamo con sofferenza che taluni Vescovi, presbiteri e persone consacrate non si sentono parte del Popolo di Dio di fatto, ma persone sacralizzate poste in posizione gerarchicamente separata dal Popolo credente e semplicemente in attesa di decidere sugli esiti del Sinodo universale dall’”alto della propria posizione”.


Per quanto mi riguarda, se tale è il sentire di parte del clero, credo non sia un mio problema e non desidero farmene carico. Ne conosco le ragioni storiche e formative e ritengo non sia in atto alcun effettivo processo di rinnovamento in tal senso.


Diversamente, però, sento la responsabilità di continuare a sognare e vivere per quanto mi è possibile dentro una Chiesa in cerchio a servizio del Vangelo tramite modalità che non escludono alcun fratello o sorella, anche Vescovo, presbitero o persona consacrata che sia, ma non ripropongono il modello di dipendenza del laicato rispetto ai chierici con tutti retaggi negativi che si continuano a trasmettere di generazione in generazione.


Concludo questa riflessione rinviando ai prossimi incontri del Sinodo digitale che sono in corso di preparazione, invitando tutti/e coloro che mi leggono a pensare a propria volta alle proprie possibilità concrete di sinodalità e ascolto/dialogo tra fratelli e sorelle nelle proprie realtà specifiche e territoriali e di segnalarmele se vi fosse il desiderio di condividerle e farle conoscere tramite il Sinodo digitale.


Buon cammino sinodale. A presto!

111 visualizzazioni3 commenti
Post: Blog2_Post
bottom of page