L'1 febbraio 2022, alla vigilia della Festa per la Giornata della vita consacrata, su TwitterSpace di @SpazioSinodale abbiamo ascoltato le storie di donne consacrate vittime di abusi nella vita religiosa, raccontate dal vaticanista Salvatore Cernuzio, autore del libro "Il velo del silenzio".
In particolare, le donne in formazione alla vita consacrata hanno testimoniato la diffusa modalità formativa controllante da parte delle formatrici e delle Superiore tramite condizionamenti/abusi di coscienza.
Suore straniere hanno testimoniato di aver subito discriminazioni razziali.
Le suore di vita apostolica, già professe solenni, hanno testimoniato le forzature formative subite con pratiche abusive volte a creare forme di dipendenza nei confronti delle Superiore, oltre a carichi di lavoro insostenibili e non riconosciuti e non retribuiti.
La malattia nella vita religiosa, tanto più se burn out o indebolimento psichico, non è ancora accettata come condizione da curare, ma da offrire a Dio senza cure.
Sussiste un problema di violazione del segreto deontologico da parte di psicologi a supporto della formazione, tanto più se religiosi/e al contempo psicologi/ghe che riferiscono alle Superiore quanto avviene in terapia.
Emerge anche il problema dell'esercizio dell'Autorità religiosa e di governo con falsificazione o alterazione degli esiti dei capitoli elettivi.
Tra le monache sembra prevalere una proposta formativa ancora incentrata sull'ideale di perfezione, la rigidità morale e mancato rispetto tra foro esterno ed interno.
Le modalità di interruzione dei percorsi formativi e di vita consacrata in generale tracciano un quadro di ignoranza relazionale, in cui le donne consacrate uscite dai conventi o dai monasteri sono definite "defunte" o "traditrici" dell'Istituto religioso.
Permane il problema della disuguaglianza della condizione della donna consacrata nella Chiesa, soprattutto per le maggiori difficoltà ad accedere agli studi in generale e agli studi teologici in particolare.
Le reazioni sono state di rabbia e stupore al contempo, perchè gli abusi di coscienza e psicologici nella vita consacrata non sono conosciuti.
Un sacerdote ha testimoniato di aver conosciuto una suora in condizioni di grande difficoltà psicologica all'interno della Congregazione e ha cercato di aiutarla.
Un missionario comboniano formatore ha affermato quanto lo addolorasse venire a conoscenza di tali dinamiche della vita religiosa femminile e che ne avrebbe fatto tesoro per la sua proposta formativa.
E' emersa la necessità di declericalizzare la vita religiosa femminile, eliminare sottomissione della donna consacrata al clero ed eliminare forme di disuguaglianza nella formazione, nel servizio e nella miniterialità per la donna consacrata nella Chiesa.
Inoltre, sembra necessaria maggiore vigilanza sulle proposte formative alla vita religiosa e giustizia verso le vittime tramite gli organi ecclesiastici competenti, assicurando riparazione e riconciliazione per le stesse.
Oggi appare necessario ripensare i voti religiosi alla luce della dignità della persona consacrata, oltre alla necessaria separazione tra proposta formativa da parte di formatori/formatrici e supporto psicologico tramite laici/laiche professionisti/e indipendenti ed autonomi dagli Istituti/Congregazioni religiosi per evitare violazione del segreto professionale e del foro interno.
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