L'11 febbraio 2022 si è tenuto l'incontro di ascolto sinodale delle donne nella Chiesa su TwitterSpace di @SpazioSinodale.
Dall’ascolto di Paola Lazzarini, Presidente dell’Associazione Donne per la Chiesa è emerso che l’identità della donna nella Chiesa cattolica è sostanzialmente ancorato al ruolo a lei attribuitole dalla mentalità patriarcale, ossia di poter esprimere se stessa solo all’interno del matrimonio religioso come moglie e madre.
E’ parso evidente quanto l’immagine della donna nella Chiesa sia basata sul prevalente immaginario maschile e clericale, costruito sulle figure di Maria Vergine di sante mistiche che avevano come unico spazio di espressività quello della vita consacrata secondo il misticismo dei secoli passati.
Il modello femminile prevalente appare ancora quello della donna come angelo del focolare, ossia una figura funzionale al patriarcato come remedium concupiscientiae del maschio o comunque come figura angelicata che non mette in discussione il potere maschile.
L’immagine della “donna madre” appare meno problematica e meno seduttiva per la mentalità maschile, mentre una donna sola appare più difficile da gestire da parte del patriarcato.
Appare altrettanto controverso il concetto il corpo femminile alla luce della morale sessuale cattolica, ove la morale in tema di sessualità femminile, non lascia alcuno spazio al desiderio femminile in quanto tale e in tema di aborto il corpo della donna è oggetto di strumentalizzazione politica ed ideologica al fine di privare la donna di autodeterminazione sul proprio corpo a danno della stessa vita che si vorrebbe tutelare nel grembo della medesima.
Appare molto scarsa la formazione delle giovani donne cattoliche in materia di sessualità e anzi vi sono tendenze a proporre ancora percorsi che trasmettono un’immagine negativa della sessualità o che comunque le renda debitrici di dover soddisfare il proprio marito a prescindere dal proprio desiderio sessuale o per procreare con il fine di garantire la continuità del patriarcato sotto pretesto di “apertura alla vita”.
Rimane altrettanto irrisolta l’immagine della donna madre in gravidanza ed al contempo in condizioni di grave malattia fisica (di solito oncologica), viene investita di una morale eterodiretta in fase terminale secondo i modelli di santità imposti dal clero maschile e senza lasciare libertà di coscienza alla madre malata.
Lo spazio di espressività della donna nella chiesa appare relegato alle funzioni domestico-parrocchiali, ma nessun particolare riconoscimento sussiste a livello di governo e ministerialità, se non per minimi e recenti quanto simbolici riconoscimenti.
Le partecipanti hanno fatto emergere quanto sia importante che la femminilità cresca in relazione alla maschilità e non rischi essa stessa di rinchiudersi in un atteggiamento settario.
E’ emerso il riconoscimento da parte di una donna, madre e lavoratrice che ritiene liberante aver preso consapevolezza della necessità di affrancarsi da stereotipi maschili sulla donna e sull’immagine che le viene attribuita.
Infine, appare necessario eliminare o diminuire il divario di genere tra uomini e donne, ossia promuovere condizioni di uguaglianza della donna nella Chiesa in relazione all’esercizio dell’Autorità nella Chiesa, dei poteri di governo e di rappresentatività.
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